Chiudo gli occhi per un secondo, ne basta uno soltanto, e torno indietro nel tempo.

1995, ho 5 anni e porto già gli occhiali. Toy Story – Il Mondo dei giocattoli esce nelle sale americane e incassa la bellezza di 373 milioni di dollari in tutto il mondo. Cifra che comprendo solo ora, perché ai tempi 1000 lire per me rappresentavano un vero e proprio capitale. Conquista un pubblico vastissimo e in mezzo a quella folla urlante di bambini e bambine, ci sono pure io. Non sono speciale, ma ci sono.

Una piccola Giulia che ancora non sa che questo film diventerà per lei un simbolo, un credo, un sogno.

Qualche anno dopo comincio a disegnare le mie storie. A scriverle, poi. A raccontarle, a recitarle a scuola.

Costruisco teatrini con le scatole delle scarpe, trasformo i miei temi in “spettacolini” (così li chiamavo).

Sono ancora piccola e mi piace giocare con i miei giocattoli, dar loro vita, raccontargli le mie paure da bambina e portarli con me durante le occasioni speciali. La mia prima Corolle viene con me alla messa di mezzanotte, a natale. Bobby l’orsetto è accanto a me, cintura allacciata, durante i viaggi in macchina. Cicciopino il gattino asciuga le mie lacrime durante la prima gita di classe lontano da casa. Chicco il pinguino cade nel minestrone e io mi dispero perché è ancora bollente.

Ricordo ogni singolo giocattolo della mia infanzia, e ricordo con grande emozione quella sensazione di magia che provavo, circondata da quei personaggi di fantasia. Tutto, davvero tutto, era possibile.

Se potessi oggi esprimere un desiderio, vorrei poter tornare indietro nel tempo per davvero, solo per un momento.

Prendere tra le braccia Giulia piccola e dirle “sei molto fortunata. Ne succederanno di tutti i colori, ma questa magia qui, non la perderai mica. Quando avrai paura, torna da loro.”

Quella bambina, forse, avrebbe voluto saperlo.

Perché ci sono stati momenti in cui ha pensato “così non ce la faccio”, “è troppo difficile”. E lo è stato, difficile.

Per anni, crescendo, si è domandata se fosse necessario mettere da parte tutti i suoi sogni a favore di una vita più convenzionale.

Le hanno ripetuto, in molti, “i grandi non giocano”.

Grande lo è diventata e dopo aver perso per un po’ quella magia, per fortuna, ha deciso di riprendersela tutta e di trasformarla nel suo lavoro.

Vorrei poterle dire “nessun racconto andrà sprecato” e “non temere le parole”.

Oggi, 27 anni dopo, mi rendo conto di quanto Giulia piccola fosse già determinata a trasformare i suoi sogni in realtà, senza saperlo neppure.

Toys Ranger non è solo una rubrica, un passatempo, una passione.

Toys Ranger è il mio modo per ringraziare quella bambina per non aver mai dimenticato la magia del racconto. La ringrazio per aver guardato film di animazione a notte fonda, durante i giorni di scuola. Per aver collezionato giocattoli andati perduti. Per aver recuperato quella traccia di incantesimo per trasformarla in una scintilla creativa. Per aver assecondato i suoi desideri, e non quelli degli altri. Per aver creduto che tutto fosse possibile, anche quando ogni speranza sembrava perduta.

Oggi, quando mi chiedono “cosa fai?” posso rispondere con sicurezza.

Racconto storie, creo personaggi, salvo giocattoli.

Juice, oggi, è tutto questo. L’incantevole risultato dei sogni magici di una bambina.

E questa è la sigla della rubrica Toys Ranger, realizzata grazie alle magiche mani di Scilla, compagna di avventure animate che avrei tanto voluto ritrovare prima.

Vivremo avventure memorabili, insieme.